Ancona, 19 febbraio 2018 - Tranquillo, sereno, solo. Due settimane fa Luca Traini, 28 anni, varcava i cancelli del carcere di Montacuto, dopo essere stato arrestato per la sparatoria del 3 febbraio scorso a Macerata in cui ha ferito sei stranieri. Da allora Traini sta trascorrendo la sua detenzione nell’area ‘filtro’ del carcere anconetano e l’altro giorno ha voluto essere presente ad una santa messa officiata dentro l’istituto, dedicata esclusivamente ai 14 detenuti della sezione. La conferma arriva da chi è in contatto con lui pressoché tutti i giorni. La messa si è tenuta nella tarda mattinata di mercoledì e Traini, assieme ad alcuni altri detenuti, l’ha seguita per intero, assorto.
Difficile entrare nella sua testa per capire se, prima o durante la funzione, il tolentinate si sia pentito di quanto commesso. Un pentimento che, almeno stando ai giorni successivi alla sparatoria per le strade del capoluogo maceratese, non è mai arrivato da lui, se non per il ferimento della donna nigeriana, definito un errore. La sezione filtro è isolata dal resto del carcere, i detenuti hanno i loro spazi, le celle sono a due posti. Traini ha sempre affermato, attraverso le parole del suo avvocato, di trovarsi bene in carcere, addirittura di sentirsi praticamente a casa. Lì, come a casa, si conferma la difficoltà dei rapporti familiari, con i genitori, con il fratello e gli altri. Prova ne è il fatto che da domenica 4 febbraio scorso, a parte il suo legale, Giancarlo Giulianelli, il 28enne non abbia ricevuto alcuna visita.
Secondo l’avvocato si tratta di una questione burocratica, ma i dubbi restano: «Nei giorni immediatamente successivi all’arresto, ho chiesto l’autorizzazione per le visite alla direzione del carcere che però, ad ora, non è ancora arrivata» spiega Giulianelli. Un’attesa che lascia pensare: «Sì. Sono l’unico che lo ha incontrato, l’ultima proprio l’altro giorno – aggiunge il legale di Traini – Luca sta bene, non ha problemi particolari e attende gli eventi. Giudizio immediato? Vedremo le intenzioni della procura, siamo pronti a qualsiasi evenienza. Il caso è finito sotto i riflettori, ma ci sono state alcune affermazioni che mi hanno dato fastidio. In particolare le dichiarazioni del ministro della giustizia Andrea Orlando dopo la visita ad alcuni feriti in ospedale. Lui, da guardasigilli, non doveva permettersi di arrivare a conclusioni processuali prima che lo stesso si svolga, ha inquinato il caso».
Intanto, Innocent Oseghale, nigeriano di 29 anni arrestato per l’omicidio di Pamela Mastropietro a Macerata, è stato spostato nel carcere di Marino del Tronto: non era opportuno che rimanesse nella sezione d’isolamento del carcere di Montacuto, seppure ovviamente in celle distinte, insieme gli altri due nigeriani - Desmond Lucky, 22 anni, e Lucky Awelima, 27 anni - fermati per le stesse accuse che respingono: omicidio volontario, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. L’indagine per la morte della 18enne romana coinvolge anche un quarto nigeriano, indagato però a piede libero. Oseghale, che continua a sostenere di non aver ucciso Pamela, ieri aveva avuto un secondo colloquio a Montacuto con l’avvocato Simone Matraxia di Ascoli Piceno.